Firmino
12 set 2021
Un vero e proprio inno all’amore per la lettura dal finale struggente e malinconico
Se credete di essere degli autentici topi di biblioteca non avete ancora letto Firmino di Sam Savage. La vicenda è raccontata in prima persona proprio da lui, questo topolino fragile e malaticcio nato negli anni Sessanta da una pantegana ubriacona che ha dato alla luce tredici figli in una libreria di Boston. Il caso vuole, però, che la madre snaturata abbia solo dodici mammelle: indovinate quale tra i suoi piccoli roditori resterà senza cibo?
Firmino decide di non arrendersi e, per sopravvivere, comincia a mangiare i libri che vede attorno a sé. Stranamente, non tutti hanno lo stesso sapore; dunque, per capire quali sono i più buoni, decide di leggerli.
L’avvicinamento di Firmino alla lettura andrà di pari passo con l’allontanamento dai suoi simili. Nessun topo di sua conoscenza potrà mai competere con i grandi eroi della letteratura, e così il nostro protagonista sviluppa un’insolita curiosità per tutto ciò che riguarda il genere umano.
Ben presto scoprirà che l’immagine che ha di sé stesso non è quella che gli uomini vedono, e prima di essere accettato – sebbene mai come un essere alla pari – da uno di loro dovrà subire tanti rifiuti. Infine, Firmino sarà costretto a constatare che i libri e il sapere che da essi deriva gli hanno, sì, aperto la mente, ma allo stesso tempo lo hanno condannato a una ineluttabile solitudine.
Autore | Sam Savage |
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Traduttore | Evelina Santangelo |
Editore | Einaudi |
Collana | Super ET |
Anno edizione | 2009 |
Stato di lettura | Finito |
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9 feb 2022
Un sentimento assoluto e devastante trascina il protagonista in un incubo interminabile
Quando ho terminato di leggere Un amore senza fine di Scott Spencer non ho avuto difficoltà a capire perché è stato tradotto in venti lingue e apprezzato, fin dalla pubblicazione, da milioni di persone. L’idea di base è quella di un amore adolescenziale che, tipicamente, tende a far esasperare qualunque sensazione o stato d’animo. Dunque, se a scrivere questa storia fosse stato qualcun altro, probabilmente avremmo letto uno dei tanti young adult che ci sono ora in circolazione. Invece, fin dalla prima pagina ci rendiamo conto che non si tratta di nulla del genere.
David Axelrod è la voce narrante del romanzo. Diciasettenne di Chicago, è follemente innamorato della coetanea Jade Butterfield: quando i genitori di lei, preoccupati che il rapporto con la figlia sia diventato troppo morboso, gli impediscono di vederla, è talmente accecato dal dolore da decidere di dare fuoco alla loro casa. Sarà l’evento scatenante che darà il via a una serie pressocché interminabile di inganni, sotterfugi e bugie che impediranno al nostro protagonista di ritrovare la pace.
Non ho empatizzato con il personaggio di David. Quello che lui definisce “amore” per me non è altro che un’ossessione che gli fa perdere totalmente la lucidità e gli impedisce di distinguere ciò che conta davvero. A maggior ragione, non sono riuscita ad apprezzare Jade. L’immagine di lei che ci viene restituita è quella elaborata da David; di conseguenza, non è assolutamente attendibile. Perfino lei stessa non riesce ad attribuirsi tutto il valore che le dà l’innamorato e, in effetti, ne ha ben donde.
Dunque, per quale motivo mi sento di consigliare questo libro? Certamente per la maestria e dovizia di particolari con le quali viene narrato anche l’episodio apparentemente più insignificante e che, invece, si rivela assolutamente funzionale allo sviluppo dell’intera vicenda. Le emozioni di David, l’arrovellarsi del suo cervello, ogni sua più piccola azione, vengono scandagliati in modo tale da avermi lasciarmi stupefatta a ogni pagina.
Con l’ausilio di tali mirabili espedienti narrativi, l’autore ci guida attraverso un groviglio di sentimenti mostrandoci la loro forza che, nella sua assolutezza, può condurre persino all’autodistruzione.